Il rapporto ONU, un
“tomo” di 1400 pagine elaborato da ben 2500 scienziati di tutto il
pianeta, è stato consegnato a Bruxelles all'Unione Europea giovedì 5
aprile 2007 ( data storica da ricordare). E' questo un documento drammatico che ci presenta scenari futuri apocalittici. Dinanzi a
tanta precisione di dati, ad esempi concreti, come quest'ultimo inverno
caldo, a fenomeni di estremizzazione meteorologica, ad alluvioni,
fusioni accelerate delle calotte polari, innalzamento dei mari e
quant'altro, anche i Paesi più recalcitranti sul Protocollo di Kyoto
come USA, Cina, e Arabia Saudita, hanno dovuto chinare il capo e
accettare il documento.
Si è ormai preso
atto che il fenomeno si è innescato e non potrà più fermarsi. Si parla,
quindi, di adattamento ai fenomeni in arrivo innescati dall'effetto
serra, che gli scienziati portoghesi hanno ribattezzato: “effetto
stufa”.
Senza entrare nello
specifico delle 1400 pagine, possiamo però raccogliere i principali
elementi e i dati che rappresentano la sintesi di tutto il rapporto ONU.
Questi pertanto i punti salienti del documento:
Entro il 2050
L'Europa potrebbe perdere il 70% dei suoi ghiacciai. E' previsto anche lo
scioglimento delle distese di nevi”eterne”dell'Himalaya.
I fenomeni
meteorologici saranno sempre più estremi e di uragani tipo “Katrina”
dovremmo farsi l'abitudine;
Il 30% di animali e piante del pianeta potrà estinguersi;
Gli oceani prima del 2100 potrebbero crescere di oltre 1 metro;
Mari ed oceani
inizierebbero ad acidificarsi compromettendone la vita marina stessa. Al
momento il fenomeno sta interessando negativamente tutte le barriere
coralline;
I deserti del pianeta entro la fine di questo secolo potrebbero raddoppiarsi e la
foresta dell'Amazzonia trasformarsi in savana;
I fiumi delle latitudini equatoriali e tropicali potrebbero trasformarsi in
torrentelli o diminuire la loro portata d'acqua di oltre la metà;
L'Africa subsahariana finirebbe per diventare una terra
senza acqua e vita;
Le malattie tropicali, anche le più devastanti, vedi la febbre dengue e la meningite, si potrebbero estendere anche negli attuali Paesi
temperati;
Le economie dei Paesi tropicali o temperati che attualmente puntano sul turismo
marino, a causa dell'eccessivo caldo, potrebbero fallire;
Sono questi gli
scenari che il rapporto intravede qualora raggiungessimo un aumento
medio della temperatura della biosfera di altri 2 gradi centigradi da
qui al 2050. Nel caso dell'ipotesi più nera, che vedrebbe entro la fine
del secolo l'innalzamento della temperatura media del pianeta di oltre 5
gradi, i problemi sarebbero ben più gravi e per l'umanità potrebbe non
esserci futuro.
Per il bacino del Mediterraneo il rapporto dedica oltre 50 pagine, informandoci che se
il trend è quello che abbiamo appena assaporato in quest'ultimo inverno,
questo è quanto ci aspetta da qui alla fine del secolo:
Circa 5000 Km di coste finiranno sott'acqua, a maggior rischio il delta del Nilo, le
pianure della Tunisia, le coste della Spagna, quelle Italiane e della
Turchia,. Venezia finirà sommersa del tutto;
I ghiacciai delle Alpi scompariranno quasi del tutto (finiranno “le settimane
bianche”);
I grandi fiumi
come il Po subiranno una drastica diminuzione della loro portata,
entrando in fase di secca nel periodo estivo compromettendo così
l'apporto di acqua per i bacini idroelettrici;
Il fenomeno deserto aggredirà in Italia la Sicilia , la Puglia , la Calabria e la Sardegna. La Val Padana sarà interessata da fenomeni di aridità;
L'acidificazione e l'aumento della temperatura sul Mediterraneo ridurrà drasticamente
la vita marina, con scomparsa di pesci autoctoni a vantaggio di specie
provenienti dall'Oceano Indiano poco commestibili e in alcuni casi
velenose;
A causa della
conformazione orografica dell'Europa con le Alpi e i Pirenei e a causa
dell'aumento della evaporazione del Mediterraneo, si creerà il fenomeno
della depressione: l'aria calda che dal mare salirà verso gli strati più
alti dell'atmosfera “succhierà” aria calda africana, con inevitabili
bolle e ondate di calore che giungeranno fino a ridosso dell'arco
alpino, come accadde nel 2003 ( il 2003 è stato solo un breve
assaggio!);
A causa delle continue ondate di calore sono previsti per tutto il bacino del
Mediterraneo, stando ai dati dell'estate del 2003, almeno 35.000 morti
l'anno, ma che purtroppo potrebbero raddoppiare. Oltre a ciò malattie
veicolate da insetti che nel caldo-umido trovano il loro habitat ideale,
aumenteranno a dismisura ( vedere servizio a parte );
Con il gran caldo
gli incendi delle ultime foreste e macchie mediterranee saranno
inarrestabili, accelerando così il fenomeno dell'effetto serra e
degradando definitivamente i suoli;
L'agricoltura avrà il colpo di grazia soprattutto al Sud dove la carenza d'acqua e
l'aumento delle temperature colpiranno drasticamente le produzioni
ortofrutticole;
Per l'Italia un danno rilevante per i suoi vini ed oli doc, dove l'effetto stress
da eccessivo calore modificherà gli aspetti organolettici
compromettendone le caratteristiche del frutto. Pericoli anche per la produzione del Parmigiano a causa dell'inevitabile peggioramento e diradamento dei pascoli;
Sono previste
massicce ondate di “profughi del clima” ( si parla da qui al 2050
di almeno 90 milioni di persone) che dalle coste africane cercheranno
di raggiungere l'Europa attraverso soprattutto la Spagna , l'Italia e la
Grecia.
Questa appena
descritta è la sintesi di una altra serie di problemi connessi proprio
al fenomeno del riscaldamento globale e in particolare del Mediterraneo.
Il rapporto ONU
anche se non parte da un altro rapporto, quello dell'economista Stern,
fa riferimento ad inevitabili crisi socio-economiche che condizioneranno in futuro le scelte economiche di ogni Stato.
Per Stern il
problema è sotto gli occhi di tutti: in parole povere dice che i
disastri ecologici, le malattie agli uomini e agli animali e le perdite
di vita causati dai cambiamenti climatici hanno inevitabilmente un costo
sociale. Tale che con il peggiorare della situazione andrà sempre di più
ad incidere sui vari PIL. Al momento i costi per i disastri ecologici in
Paesi come l'Inghilterra incidono sul PIL per lo 0.8%, ma seguendo il
trend previsto di innalzamento della temperatura terreste con tutti i
fenomeni connessi, l'incidenza salirà in progressione geometrica. Per
cui i Paesi che non avranno trovato in tempo delle soluzioni sul fronte
della mitigazione dei cambiamenti climatici e dell'adattamento, vedranno
un'incidenza dei costi “climatici” sul loro PIL fino ed oltre il 50% .
Un disastro che inciderebbe pesantemente sull'economia di ogni singolo
cittadino.
Fatta questa breve
considerazione dobbiamo immediatamente vedere
Gli agricoltori,
che dovranno rivedere i loro progetti produttivi, impiantare nuovi tipi
di coltivazioni, più resistenti al caldo, ai parassiti e alla penuria
d'acqua;;
I pescatori,
che dovranno abbandonare ancora di più l'attività della pesca per
penuria di pesce;
Gli allevatori
che per penuria di foraggio e di pascoli dovranno ridurre i loro capi
bestiame; non solo, ma dovranno anche far fronte a sempre nuove malattie
come la Lingua Blu e la Lesmaniosi che decimano animali da cortile e da
compagnia (i cani);
Gli operatori turistici che non avranno più centri invernali con piste da sci da
prospettare alla loro clientela, né centri estivi al mare dove le
temperature torride e la presenza di insetti fastidiosi e nocivi, nonché
la penuria d'acqua, sconsiglieranno i vacanzieri ad andarci;
Con il caldo torrido aumenterà la richiesta di energia elettrica per mandare
avanti tutti i condizionatori che sempre di più si istalleranno negli
edifici italiani. Questo comporterà in estate, con la forte diminuzione
di acqua per i bacini idrografici, per l'assenza di vento per gli
impianti eolici, una grande crisi energetica che potrebbe portare a
continui e gravi black out come accadde nel settembre 2003.
L'Italia che per il
68% dipende dai combustibili fossili ( i maggiori incriminati per
l'effetto serra), non ha davanti a sé uno scenario sereno.
Per giugno prossimo
ci sarà un altro vertice tra scienziati e capi di Stato ad Heiligendamm;
in quella sede si cercherà di trovare soluzioni pratiche che ogni Paese
industrializzato della Terra dovrà adottare per salvare il salvabile.
Speriamo che anche questa volta possa prevalere il buon senso e la
responsabilità nei confronti di ogni cittadino del globo.
Qualcuno però lo
dica anche a Bush e al suo entourage.
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