mercoledì 14 marzo 2012

Mappa Moho con GOCE

Il primo mondiale ad alta risoluzione la mappa di confine tra la crosta terrestre e del mantello - il Moho - è stato prodotto sulla base dei dati provenienti dal satellite GOCE dell'ESA gravità. Comprendere la Moho offrirà nuovi indizi sulla dinamica dell'interno della Terra.

 Crosta terrestre è l'involucro più esterno solida del nostro pianeta. Anche se rappresenta meno dell'1% del volume del pianeta, la crosta è particolarmente importante non solo perché viviamo su di essa, ma perché è il luogo dove tutte le nostre risorse geologiche come il gas naturale, petrolio e minerali provengono. 

La crosta e il mantello superiore è anche il luogo dove la maggior parte dei processi geologici di grande importanza si verificano, quali terremoti, vulcanismo e orogenesi  
Migliorare Moho modellazione
Fino a solo un secolo fa, non sapevamo Terra ha una crosta. Nel 1909, sismologo croato Andrija Mohorovičić scoperto che a circa 50 km della metropolitana c'è un cambiamento improvviso di velocità sismica. 
Da allora, quel confine tra la crosta terrestre e mantello sottostante è stata conosciuta come la discontinuità Mohorovičić o Moho.Ancora oggi, quasi tutto quello che sappiamo strati profondi della Terra deriva da due metodi: sismici e gravimetrici. 
Metodi sismici si basano sull'osservazione cambiamenti nella velocità di propagazione delle onde sismiche tra la crosta e del mantello. 
Gravimetria esamina l'effetto gravitazionale dovuta alla differenza di densità causata dalla composizione cambiando di crosta e mantello.Ma i modelli MoHo basati su dati sismici o la gravità sono in genere limitati da una scarsa copertura dei dati o dei dati che sono disponibili solo lungo profili singoli.
 Lo sfruttamento GOCE per la modellazione e progettazione Moho Applicazioni - o GEMMA - ha generato la prima mondiale ad alta risoluzione la mappa di confine tra la crosta terrestre e il mantello sulla base dei dati dal satellite GOCE. 
GOCE misura il campo gravitazionale e modelli del geoide con una precisione senza precedenti per far avanzare la nostra conoscenza della circolazione oceanica, che gioca un ruolo cruciale negli scambi energetici di tutto il, mondo del livello del mare e dei processi di cambiamento al  interno della Terra.Gemma Moho mappa si basa sulla inversione di omogenee ben distribuite dati gravimetrici.Per la prima volta, è possibile stimare la profondità Moho mondiale con risoluzione senza precedenti, nonché in aree dove i dati a terra non sono disponibili. Questo offrirà nuovi indizi per comprendere la dinamica dell'interno della Terra, smascherando il segnale gravitazionale prodotta da sconosciuto e irregolare distribuzione della densità del sottosuolo.
 GEMMA è stata effettuata da scienziato italiano Daniele Sampietro, ed è finanziato dal Politecnico di Milano e supporto dell'ESA all'elemento Science sotto l'iniziativa del Changing Terra Network Science.Questa iniziativa sostiene i giovani ricercatori a livello post-dottorato livello degli Stati membri dell'ESA per avanzare le nostre conoscenze nel campo della scienza del sistema terrestre sfruttando la capacità di osservazione delle missioni dell'ESA.

Buchi Neri

Esisteva finora una strana correlazione tra buco nero galattico e numero e velocità delle stelle presenti nel bulge galattico a cui non si riusciva dare spiegazione. Più il buco nero era massiccio e più le stelle subivano questa anomala influenza. Come poteva un buco nero che normalmente riesce a influenzare una spazio attorno a sé non più grande di alcune volte il nostro sistema solare a far sentire la sua presenza anche in una struttura come il bulge milioni di volte più esteso? D’accordo che i Buchi Neri sono potentissime macchine da guerra, ma non fino al punto di velocizzare il movimento di stelle così lontane e guidare la loro formazione…
I buchi neri attivi acquistano potere accrescendosi gradualmente attraverso il gas ultra caldo che si sistema in dischi attorno a loro. Nelle parte più interne del disco si sviluppano spesso getti di particelle che vengono scagliati perpendicolarmente al disco e brillano nei raggi X. Benché essi possano viaggiare a velocità dell’ordine del 50% di quella della luce, rimangono comunque molto concentrati e non possono far sentire la loro influenza nelle zone di formazione stellare.
img1.jpg 


Fonte: ESA / AOES Medialab
In realtà, negli ultimi anni, si era scoperto qualcosa attorno a certi buchi neri di galassie attive. Nubi di gas più freddo sembravano ruotare attorno al buco nero a distanze dell’ordine di un quarto di anno luce. Dopo attente ricerche, finalmente la scoperta: esse fanno parte di un flusso molto ampio, originatosi dal disco di accrescimento, che arriva a velocità di circa un decimo di quella della luce e che è composto da una massa di circa una massa solare. Sebbene meno veloci dei getti ortogonali essi sembrano avere una notevole potenza e giungere ad influenzare la formazione e la velocità di rotazione delle stelle del bulge.
A questi flussi di nuova identificazione è stato dato il nome di UFO (Ultra Fast Outflows). Gli UFO servono anche a limitare la crescita dei buchi neri, dato che portano via materia destinata a cadere al loro interno.
Ovviamente, molto lavoro vi è ancora da fare. Comunque, finalmente, sono stati identificati gli UFO!

Terra è un grande magnete Feed RSS dell'articolo

Il fisico inglese Gilbert nel 1600 pubblicò la sua opera “De Magnete” nella quale affermava che “l’intera Terra è un grande magnete” il cui campo agisce sull’ago della bussola orientandola in direzione Nord-Sud. Non tutti i pianeti del sistema solare posseggono un campo magnetico, il nostro ci protegge dal bombardamento delle particelle solari e l’analisi a ritroso nel tempo delle variazioni è affatto semplice.
Le prime annotazioni sui campi geomagnetici partono con l’invenzione di un metodo per misurarli proposta dallo scienziato tedesco Gauss a metà del XIX secolo; da allora le misure rivelano che l’intensità del campo magnetico è progressivamente calata dello 0,05 % all’anno e che il suo polo Nord si è spostato di millecento chilometri negli ultimi cento anni, con la possibilità, se si mantenesse l’attuale tendenza, di arrivare in Siberia entro cinquant’anni. Molti scienziati reputano queste indicazioni come prove del prossimo capovolgimento geomagnetico, ma per comprendere cosa capiterebbe, bisogna scandagliare l’interno della Terra.
A circa tremila chilometri di profondità inizia il nucleo del pianeta, composto prevalentemente da ferro, più internamente a circa cinquemila chilometri si trova una zona liquida che al suo interno contiene a sua volta quello chiamato nucleo interno, che è solido a causa dell’elevata pressione. Sia la zona solida che quella liquida ruotano, ma con velocità differenti, tanto che la parte liquida viene trascinata da quella solida e sommate alle differenze di temperatura nei vari strati, le correnti danno vita ad una grande dinamo, come quelle usate sulle biciclette, ma quella terrestre risulterebbe ogni tanto instabile, tanto da generare un’inversione del campo magnetico terrestre.

Secondo i dati riportati nei diari di bordo, che abbracciano una finestra temporale di duecentocinquanta anni a partire dal 1590, emerge che l’intensità dei campi magnetici è calata ad un ritmo quasi sette volte più lento di quello attuale fino al 1840, quando la velocità di riduzione ha subito una brusca accelerazione, come se all’interno della Terra fosse accaduto qualche fenomeno in grado di mutare il comportamento del campo magnetico. In realtà queste variazioni non sono per nulla anomale per scale di tempo geologiche, infatti le rocce fuse eruttate dai vulcani contengono del ferro al loro interno che, a causa dell’alta temperatura, non si può magnetizzare, ma quando queste stesse si raffreddano la loro componente ferrosa si magnetizza “registrando” il campo magnetico del momento.
È proprio grazie a queste rocce che gli scienziati sono in grado di studiare il paleomagnetismo, risalendo ad epoche remotissime e scoprendo, appunto, che questo è ben lungi dal rimanere stabile, e che anzi, mediamente ogni trecentomila anni, avviene un’inversione dei poli magnetici della Terra. L’ultima inversione è avvenuta circa 780.000 anni fa, chissà se il campo magnetico terrestre nel futuro continuerà ad indebolirsi fino a scomparire, prima di una prossima inversione dei poli?
Nel Sud dell’Atlantico esiste un’ampia zona nella quale si registra un minimo dell’intensità del campo magnetico rispetto ai valori normalmente registrati alle stesse latitudini, questa anomalia rappresenterebbe una falla nello scudo magnetico terrestre, e anche se al suolo non si registra nessun effetto ha però costretto la NASA ad adottare misure particolari per i satelliti che passano con regolarità su questa zona geografica e che ricevono una maggiore dose di particelle solari con conseguenze negative sulle apparecchiature di bordo e soprattutto per gli astronauti, che debbono essere maggiormente protetti.



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